venerdì 25 febbraio 2011


Questa sera il Gruppo teatrale parrocchiale della parrocchia di San Bartolomeo in Galdo, diretto dal parroco Mons. Franco Iampietro porterà in scena la commedia: “Qui non si gratta”, scritta e diretta dallo stesso parroco.
Dalle pochissime indiscrezioni trapelate, la commedia tratterà tematiche locali, con quella satira pungente propria del parroco, che abbiamo avuto modo di apprezzare nella precedente commedia “Chist chist e quill quill”.
La commedia sarà rappresentata nel Teatro Comunale di San Bartolomeo in Galdo alle ore 20:30 dei giorni 25-26-27 febbraio 2011.
Buon divertimento.  

lunedì 21 febbraio 2011

“Terribilis est locus iste hic domus Dei est et porta coeli”

IV tappa San Matteo in Lamis – Monte Sant’Angelo
Alle 6:10 scendo in cucina. Trovo fra Matteo già sveglio che mi prepara un cappuccino. Lo ringrazio, mi dice di pregare per lui quando arriverò a Monte Sant’Angelo. Lo farò. Alle 6:20 sono sulla strada, alle 8:00 arrivo a San Giovanni Rotondo, le gambe girano, non sento dolore ai piedi, l’aria fresca di ieri è stata un toccasana. Non mi fermo a visitare le spoglie di Padre Pio, bypasso San Giovanni e proseguo fino a Monte Sant’Angelo. Percorro 15 km in tre ore. Succede sempre così, dopo i primi due o tre giorni il tuo fisico si abitua a questi ritmi e potresti arrivare a Gerusalemme (prima o poi ci arriverò). A dieci chilometri da Monte Sant’Angelo abbandono l’asfalto e salgo attraverso dei sentieri fin su al crinale. Un panorama mozzafiato, da una parte c’è la Foresta Umbra, in tutta la sua maestosa grandezza, dall’altra vedo il golfo di Siponto da dove s’imbarcavano gli antichi pellegrini diretti verso Oriente attraverso la via Egnazia.




 C’è il mare, un pastore mi dice che quando non c’è foschia si riesce a vedere anche Bari. Cammino piano, sono in dirittura d’arrivo. Oggi è stata la tappa più lunga, ma non me ne sono accorto. Sotto di me vedo le case bianche di Monte Sant’Angelo, vedo il campanile angioino. Plano come un falco sulla grotta dell’Angelo. Non vado in albergo, scendo direttamente nella grotta. Sulla porta d’ingresso c’è la scritta “Terribilis est locus iste hic domus Dei est et porta coeli” (Terribile è questo luogo, qui è la casa di Dio e la porta del cielo). Sono finalmente arrivato. Sono felice, mi siedo sui banchi e resto senza parole e senza fiato per oltre mezzora. Mia nonna arrivò qui adolescente nel 1937, vide per la prima e ultima volta nella sua vita il mare, vide l’Angelo, vide la devozione popolare verso questo Santuario. All’esterno del Santuario i tempi sono cambiati, ma all’interno è tutto come lo videro gli occhi di un’adolescente oltre 70 anni fa.
Prima di andare verso l’albergo, voglio vedere il tau disegnato da San Francesco quando venne in questo luogo nel 1220 circa. Fa una certa impressione immaginare che quel graffito è stato vergato dal poverello di Assisi.
Il mio Cammino è finito.
Ho percorso 46767 passi. Per un totale di 163819 passi.

Buon Cammino a tutti, pellegrini! Ed allenatevi, magari il prossimo anno vi porto con me a Gerusalemme.

venerdì 18 febbraio 2011

III tappa San Severo – Convento di San Matteo in Lamis

Convento di San Matteo in Lamis


III tappa San Severo – Convento di San Matteo in Lamis
Mi sveglio verso le 4, fuori imperversa una tempesta. Speriamo smetta prima della mia partenza. Fortunatamente smette. I piedi non sembrano stare poi così male. Ho tre vesciche, una grande al piede destro, le altre due più piccole al sinistro. Se anche oggi ci sarà il sole, il tratto da percorrere sulla provinciale 10 sarà un calvario. Esco di casa alle 5:30, lascio le chiavi sul tavolo della cucina. Non dimenticherò don Raffaele, anzi mi riprometto di andarlo a trovare quest’autunno. San Severo è già sveglia, i forni sono aperti, alcuni bar anche. Non mi fermo, voglio percorrere più strada possibile prima che il sole inizi a picchiare. Il sole è coperto dalle nubi, chissà, forse oggi sarò risparmiato dai suoi raggi martellanti. Costeggio il cimitero di San Severo, attraverso l’autostrada su un cavalcavia, sotto di me vedo una fila di macchine, scendono al Sud per le ferie d’agosto. Qualcuno mi vede con zaino e bordone e mi lampeggia in segno di saluto, o forse pensa che io sia un folle che butta sassi dal cavalcavia. La giornata è fresca, io procedo spedito, i piedi non mi fanno male. Solo se mi fermo sento dolore al piede destro, ma è sopportabile. Resta assodato che questo è l’ultimo cammino che faranno le mie scarpe da trekking, al ritorno le pensionerò.
Davanti a me vedo il Gargano, alle 10:30 inizio l’ascesa verso San Matteo in Lamis. Ci sono alcune curve coperte e sono costretto a spostarmi dall’altra parte della strada, compiendo un’infrazione al Codice della Strada, meglio una multa che rischiare di essere investito. La mia cartina indica un sentiero che mi permetterebbe di bypassare San Marco, provo a percorrerlo, mi accorgo che ieri notte è piovuto davvero tanto, c’è molto fango, provo ad andare avanti, ma il tracciato non migliora. Torno indietro e procedo sull’asfalto. Alle 12 sono a San Marco in Lamis. Mi fermo in un forno, compro della pizza e da bere. Alcune vecchiette mi si avvicinano e mi chiedono dove sto andando. A San Michele, rispondo. Ieri è passato uno della Svizzera, mi dicono. Un pellegrino che mi precede, chissà forse lo incontrerò a Monte Sant’Angelo.
Il cielo è sempre più nero. Il convento è a due chilometri e mezzo dal paese. Inizia a piovere. Tiro fuori l’incerata, ma preferisco fermarmi sotto un portico. Verso l’una smette. Ma il cielo è nerissimo. Mi dico che in mezzora sarò al convento, potrei provare ad arrivarci prima che piova. Lascio il paese che sta piovigginando, commetto un altro errore, non infilo l’incerata. Lo farò quando pioverà con più insistenza. È come mettere le catene durante una bufera di neve, non ci riuscirai mai. All’uscita del paese c’è una pensilina per l’attesa degli autobus. Manca un chilometro per il convento, lo vedo ergersi enorme davanti a me. Cos’è un chilometro, sono 15 minuti di cammino. Il cielo è nerissimo, ma finora la fortuna mi ha aiutato, perché dovrebbe piovere proprio adesso. Ritiro fuori l’incerata e la metto in mano. Decido di proseguire. Percorro duecento metri e il Signore decide di aprire le cataratte del cielo. Provo a infilarmi l’incerata, ma il vento forte e l’acqua la fanno volare da tutte le parti. L’unico ricovero era la pensilina lasciata poc’anzi. La cunetta diventa un torrente, l’acqua mi penetra in tutti gli indumenti, fortunatamente lo zaino è quasi impermeabile. Percorro a ritroso di corsa i duecento metri che mi separano dalla pensilina, ma arrivo bagnato come un pulcino. Decido di cambiarmi, col vento che tira, se non mi asciugo rischio una bronchite. Mentre continua a piovere, tiro fuori un pantalone e una maglietta e l’asciugamano. Mi cambio gli abiti bagnati sotto la pensilina. Il temporale dura quasi un’ora. Non esattamente un rovescio estivo. Alle 14:00 riprendo a percorrere l’ultimo chilometro. Arrivo davanti al convento e lo trovo chiuso. Riapre alle 15:00. Non voglio disturbare il sonno pomeridiano dei frati. Aspetto l’apertura. Il piazzale antistante il convento inizia a riempirsi di pullman dei pellegrini. Mi chiedono a che ora apre il convento. Indico un cartello grande davanti alla porta che riporta la scritta: “Apertura ore 15:00”. Alle 15:00 un frate anziano apre il convento, mi vede e chiede cosa voglio. Gli dico che ho parlato con Padre Mario e con il Padre Guardiano per essere ospitato, sono il pellegrino che arriva a piedi da San Bartolomeo in Galdo. Mi chiede di attendere, il Guardiano scenderà tra poco. Intanto arrivano dei fiorai per addobbare la chiesa, ci sarà un matrimonio alle 16:00. Dopo una mezzora scende il Padre Guardiano, mi presento e gli dico che sono il pellegrino proveniente da SBiG. Ho ancora i capelli bagnati. Mi chiede se posso aspettare fin dopo il matrimonio. Rispondo di si. Mi siedo in chiesa, nell’ultimo banco con il mio zaino e il mio bordone. Iniziano ad arrivare gli invitati. Alle 16:15 arriva la sposa. Il matrimonio termina alle 17:30. Finalmente il Padre Guardiano mi accompagna in una celletta. Anche questo convento, sebbene abitato da cinque frati, ha un piano totalmente disabitato. Io dormo in quel piano. Dopo la doccia, scendo nuovamente in chiesa e infine in biblioteca. Saluto Padre Mario che si ricorda di me, l’avevo incontrato in inverno, quando accompagnai una ragazza per un colloquio di lavoro come archivista. Conosco Gabriele Tardio, un antropologo che si occupa di ricerche sul Cammino dell’Angelo. Padre Mario mi dice che la cena sarà pronta alle 21. Vado in cucina per dare una mano a fra Matteo un anziano frate laico. Mi dice che è tutto pronto e andiamo a guardare la televisione insieme. Alle 21:00 suona la campanella. Ci riuniamo in cucina, il refettorio è troppo grande per 5 frati, un pellegrino e un sacerdote diocesano. Sono interessati al mio pellegrinaggio. Hanno tutti una certa età ad eccezione di Padre Antonio, un giovane frate, che raccoglie i dati dei pellegrini di passaggio. Anche loro hanno un debole per i pellegrinaggi a piedi, ed infatti sono molto ospitali con me. La cena è frugale. Di giorno c’è una cuoca, ma la sera devono arrangiarsi. Dopo cena, recitiamo la compieta e alle 22:00 si va a letto. Padre Antonio è gentilissimo, vorrebbe prepararmi un panino e della frutta per l’indomani. Accetto solo una bottiglia d’acqua. Ci salutiamo, tornerò anche qui con la macchina.
Ho percorso 39516 passi.

lunedì 14 febbraio 2011

II tappa Castelnuovo della Dania – San Severo

Don Raffaele Verrilli


II tappa Castelnuovo della Dania – San Severo
Il sole delle cinque non brucia, ma per evitare di peggiorare la mia scottatura, prima di partire mi applico la crema solare, fattore di protezione 60, sono fototipo 1. Mi chiudo la porta del convento alle spalle, il paese è in silenzio, ancora dormiente. Si sente solo il ticchettio del mio bordone sull’asfalto. Prendo un sentiero che mi porterà sulla provinciale per San Severo. Ho tre litri di acqua, spero mi bastino. La discesa è agevole, l’aria fresca, le nuvole si addensano all’orizzonte, forse pioverà. Arrivo sulla provinciale 10, purtroppo non ho strade alternative da percorrere. Ci sono dei rettilinei lunghissimi. Le nuvole come per magia sono scomparse, il sole picchia forte. L’asfalto inizia a scottare sotto i piedi. Alle 11:00 non reggo più, decido di fermarmi sotto un ulivo. Aspetto che si frapponga una nuvola fra me e il sole. Tolgo le scarpe, per far riposare i piedi. Alle 13:00 le mie preghiere sono esaudite, una nuvola copre il sole, rimetto lo zaino in spalla e cerco di percorrere più strada possibile. Mi fermo all’ombra di una vigna o di un uliveto più volte. A due chilometri da San Severo termino l’acqua. Ormai potevo buttarci la pasta tanto era calda, ma non immaginate come sia desiderabile anche l’acqua calda quando il sole picchia sulla testa. Alle 15:30 entro in San Severo, la cosa che mi colpisce subito è l’immondizia accumulata ai lati delle strade. Faccio il mio primo, e fortunatamente indolore, incontro con dei cani randagi. Si limitano ad abbaiare ed a ringhiare, si avvicinano, sono pronto col bordone per vendere cara la pelle, forse capiscono, e desistono. Vedo un bar, la proprietaria è una signora anziana, ordino una bottiglietta d’acqua, una fanta e un chinotto, la proprietaria mi chiede dove sono gli altri, le dico che sono solo. Domando dove sia la parrocchia dell’Immacolata di don Raffaele. Me la indica, alle 16:00 sono davanti alla parrocchia. È chiusa, provo a suonare in canonica, ma non risponde nessuno, forse dormono. Mi siedo davanti al cancello e aspetto. Un signore mi dice che alle 18:30 ci sarà la messa. Verso le 17:00 esce dalla chiesa un sacerdote, è don Raffaele, apre il cancello elettrico che chiude il cortile della chiesa, mi vede e mi chiama. Mi domanda da quanto aspetto, gli dico da un’ora. Mi rimprovera, mi dice che avrei potuto chiamare don Girolamo il suo vice di cui avevo il numero. Non importa, ormai sono arrivato e aspettare un’ora sotto gli alberi non è faticoso. Mi fa entrare e attraverso la chiesa mi conduce in un appartamentino nuovissimo. L’ha fatto costruire appena diventato parroco. Don Raffaele ha una predilezione per i pellegrini e per i bisognosi. L’appartamento è davvero bello: due stanze da letto, un salotto-cucina, un bagno. In cucina c’è un frigo che contiene acqua, latte e biscotti. Don Raffaele è un “Sacerdote”. Bussate e vi sarà aperto. Tolgo le scarpe, ho i piedi pieni di vesciche. Le scarpe non erano il massimo, ma probabilmente, a meno che non fossero state foderate di amianto, sull’asfalto a quasi 40 gradi, avrei riportato comunque danni. Faccio una doccia, metto i sandali e vado in farmacia a comprare acqua ossigenata. Compro anche qualcosa per cena e poi vado a messa in parrocchia. Dopo la messa don Raffaele apre l’oratorio, non si allontana mai un minuto, controlla i suoi ragazzi. Tutti sanno che San Severo è un crocevia dello spaccio. Alle 21:00 suona una  campanella, tutti in cerchio per una preghiera e poi a casa. Saluto don Raffaele, lo ringrazio per l’ospitalità, vorrei fargli un’offerta, rifiuta. Rinnova la sua stima per i pellegrini a piedi, ricambiata moltissimo da parte mia, rappresentante pro tempore dei pellegrini.
Mangio un po’ di pasta, curo i piedi e alle 22:00 sono a letto. Alle 5 sarò di nuovo in piedi per la partenza.
Ho percorso: 39825 passi.

giovedì 10 febbraio 2011

I tappa SBiG - Castelnuovo della Daunia

I tappa SBiG - Castelnuovo della Daunia
Arrivo sotto la m’borchia alle 7:20, la prima asperità che mi aspetta è l’ascesa del “Serrone”. Sentiero polveroso che si inerpica sui monti della Daunia. Lo affronto lentamente, a metà delle asperità mi fermo su una roccia e mangio una pesca. Alle 9:00 sono in cima. Il sole è già alto. Dovrei mettere la crema solare, ma voglio proseguire senza fermarmi, se cammino, prima di pranzo sono a Castelnuovo. Primo errore, arriverò a Castelnuovo con faccia e braccia scottate. A 10 km dall’arrivo finisco l’acqua, mi fermo in  un’area pic-nic nel bosco tra Motta Montecorvino e Volturara. Cambio la maglietta di cotone, ormai fradicia, e metto una in microfibra. Non lesinate sulla microfibra, la pelle respira, è un tessuto leggerissimo e basta agitarlo al vento affinché si asciughi. Passa un gruppo di ciclisti, mi vede e si fermano, mi chiedono dove vado, e uno di loro alla mia domanda sul fontanino più vicino, mi offre la sua acqua. Con bottiglia di nuovo piena riprendo il cammino. Raggiungo il parco eolico che domina Castelnuovo, Casalnuovo Monterotaro e Casalvecchio di Puglia, davanti a me il tavoliere, stagliati all’orizzonte i monti del Gargano, la mia meta; sembrano così lontani. Mi siedo sotto un albero, tolgo le scarpe, i piedi mi fanno male. Le scarpe sono indurite, me ne accorgo solo ora, controllate sempre attentamente l’attrezzatura prima di partire, fortunatamente non ho vesciche. Ultimo sforzo, attraverso un sentiero plano come un rapace su Castelnuovo. Sono le 13:20 quando entro in paese, la gente è a pranzo, ci sono pochissime persone davanti ad un bar, uno di questi si offre di accompagnarmi al convento, con gentilezza declino l’invito. Raggiungo il grande convento dei francescani alle 13:30. Domina la vallata, gli ultimi frati anziani l’hanno abbandonato cinque anni fa, telefono al signor Mario, custode della casa, è a Termoli, tornerà solo verso le 17. Mi fermo vicino ad una fontana senza acqua. Quanto sono deprimenti le fontane morte. Tre ore volano, nel silenzio pomeridiano, in un paese sonnacchioso. Alle 17:00 arriva il signor Mario, un “giovane” pensionato, mi racconta dei suoi due figli, il primo emigrato in Austria, la seconda si sposerà ad agosto e raggiungerà il marito al nord. Altra storia di emigrazione, di ragazzi che partono, lasciando i loro paesi in cerca di maggior fortuna.
Il convento è grandissimo, un edificio del XVI sec. recentemente ristrutturato. Vedo la chiesa, il chiostro, il refettorio, ed infine salgo al piano superiore dove ci sono le celle dei frati e molti stanzoni pieni di letti a castello. In tempi lontani era un noviziato, quando le vocazioni abbondavano e i giovani si avvicinavano a Dio. Sono l’unico ospite per questa notte. Faccio una doccia, scelgo una delle tantissime stanze vuote, srotolo il sacco a pelo e vado in paese a mangiare qualcosa. Leggo che in serata ci sarà la festa della birra, mi riprometto di uscire di nuovo, ma non ho fatto i conti con la stanchezza. Alle 20:30 crollo sul letto. Mi sveglierò alle 5 pronto per la partenza.
Ho percorso 37711 passi.

martedì 8 febbraio 2011

Racconto di un pellegrino

Sulle orme dei vecchi pellegrini. SBiG – Monte Sant’Angelo.

Mia nonna è partita nel 1937, aveva sedici anni e ricorda di aver impiegato 8 giorni per raggiungere la grotta e tornare.
È sempre stato un mio desiderio quello di riempire lo zaino, legare il sacco a pelo e con bordone e piuma partire da SBiG alla volta del Gargano. Ho aspettato anni per farlo. Ho percorso le strade spagnole sulla via di Santiago di Compostella, ho percorso l’appennino tosco-umbro sui passi di San Francesco, ma mi mancava il pellegrinaggio più importante, quello michaelita. 
Decido di partire a fine luglio, le giornate non sono eccessivamente calde, le previsioni metereologiche prevedono cielo sereno per alcuni giorni. L’ideale per percorrere i 120 chilometri che ci separano dalla grotta dell’Angelo.
Non è Santiago, non è Assisi, occorre necessariamente informare coloro che dovranno ospitare un umile pellegrino dopo una giornata di cammino. Provvedo in pochi minuti. Chiamo padre Giuseppe e chiedo ospitalità per giovedì 29 luglio presso il convento di Castelnuovo della Daunia, chiamo don Raffaele e chiedo ospitalità presso la parrocchia della SS. Immacolata di San Severo per il giorno 30, chiamo padre Mario e chiedo ospitalità presso il convento di San Matteo in Lamis per sabato 31 luglio, infine prenoto una stanza presso la Casa del Pellegrino a Monte Sant’Angelo per il 1 agosto, giorno previsto per il mio arrivo.
Uso uno zaino da 35 litri, molto più piccolo rispetto a quello usato nei miei precedenti pellegrinaggi. Uso le stesse scarpe dei miei precedenti cammini, mi accorgerò in seguito di aver commesso una leggerezza, perché le scarpe sono consumate e impercettibilmente indurite. Mai risparmiare sulle scarpe e soprattutto mai mettere scarpe nuove prima della partenza. I piedi sono importantissimi per il pellegrino e non hai tempo per recuperare, se si formano delle vesciche, te le porti dietro per parecchi giorni. Lo zaino pesa 7 kg, acqua a sufficienza, frutta, bordone e piuma. Pronti per la partenza. Sveglia alle 5:30 del 29 mattina, colazione abbondante come tutti i giorni, prendo l’acqua e la frutta dal frigorifero, ultimo controllo allo zaino, apro la porta di casa ed inizio a salire vico D’Urso. Sono le 6:20, in giro c’è pochissima gente, tuttavia sulla strada per Marano incontro alcuni camminatori e qualche altro che fa jogging. Solo qualcuno mi chiede dove vado, dopo la mia risposta mi dicono: “Grande! Ci vuole coraggio”. Rispondo: “Sto semplicemente camminando”. Non ci vuole coraggio nel camminare. Il cammino è un altro modo di viaggiare, più lento, più bello, più in simbiosi con la natura. Mi piace ricordare le parole di Erri de Luca “
"Il pellegrinaggio ha senso 
se fatto a piedi;
è un avvicinamento lento,
è un tempo: 
non solo il raggiungimento della meta.
Il pellegrinaggio ha a che fare 
con la solitudine,
è perdersi per ritrovarsi".

È talmente vero, la meta nel pellegrinaggio a piedi è un elemento secondario, è affascinante invece vagare in solitudine, avendo come unica compagnia il vorticare dei tuoi pensieri, sapere di dover contare solo ed esclusivamente su te stesso.

venerdì 4 febbraio 2011

"Juve Napoli 1-3. La presa di Torino" al Teatro Comunale di San Bartolomeo in Galdo, Venerdì 4 febbraio 2011 ore 20:30




Juve Napoli 1-3
La presa di Torino
di
Maurizio de Giovanni
con
Peppe Miale
regia
Massimo De Matteo 
Al Teatro Comunale di San Bartolomeo in Galdo sarà in scena “Juve Napoli 1-3”, diMaurizio de Giovanni e diretto da Massimo De Matteo, attore protagonista Peppe Miale. Lo spettacolo, il cui sottotitolo è La presa di Torino (e spiegherebbe già ampiamente la messa in scena) è un racconto-verità che narra di quella indimenticabile giornata del novembre 1986 quando, dopo poche giornate di campionato vissute gomito a gomito con la Juventus, tutta la città di Napoli accompagnò la sua squadra fino a Torino per sfidare il mito in casa sua. Si poteva perdere ma i “ragazzi” avrebbero certamente combattuto, si poteva pareggiare e sarebbe stato splendido così... La verità è che nessuno si era ancora reso conto che stavolta, con loro, c’era un uomo vero, grande, forte, un vero eroe! C’era… 





giovedì 3 febbraio 2011

San Blas; inizio operazioni.

Prima o poi torneranno le cronache dall'entroterra sul sito di SBiG.info, ed allora chiuderemo questo blog. Fino ad allora però, comunicheremo con gli sbigghensi fuori dal borgo mediante queste pagine virtuali.
Coloro che si occuperanno di riferire più o meno dettagliatamente le notizie del borgo, saranno gli associati al Circolo "Steven Bantu Biko" di San Bartolomeo in Galdo e tutti gli uomini di buona volontà che vorranno scrivere. Nei prossimi post indicheremo la casella email alla quale inviare i vostri scritti. Sarà nostro insindacabile giudizio decidere cosa pubblicare o cosa no. La discrezionalità la farà da padrone e il tifo sostituirà l'obiettività.Avvertimenti doverosi a chi sia avvia alla lettura di questo blog.
Detto ciò non ci resta che augurarvi buona lettura.

Steven Bantu Biko